Le strade dell'Impero
Gli antichi Romani costruirono lunghe strade per collegare le più lontane province con la capitale dell'impero. Realizzate il più possibile rettilinee per minimizzare le distanze, queste infrastrutture erano essenziali per la crescita dell'impero, in quanto consentivano di muovere rapidamente l'esercito, ma oltre che per scopi militari esse erano utilizzate anche per scopi politici, amministrativi e commerciali. La viabilità romana costituì il più efficiente e duraturo sistema stradale dell'antichità, che consentì di portare la civiltà romana in contatto con le genti più diverse che popolavano il mondo allora conosciuto. Nessun altro popolo in quell'epoca storica seppe eguagliare la loro capacità di scelta dei tracciati, le tecniche di costruzione e l'organizzazione di assistenza ai viaggiatori.
Quando Roma iniziò la sua opera di conquista e di unificazione dell'Italia le vie di
comunicazione esistenti erano ancora i modesti percorsi seguiti dal commercio e dalla
pastorizia, resi difficoltosi dalla natura accidentata del terreno, che non favoriva la coesione
territoriale tra i vari popoli che abitavano la penisola, ed anzi accentuavano le rivalità
politiche e commerciali fra le varie città.
I Romani compresero che una viabilità efficiente era uno strumento imprescindibile per la loro
espansione territoriale e, una volta consolidato il loro dominio, una condizione necessaria per
il suo mantenimento. Un sistema stradale efficiente garantiva infatti la rapidità dei movimenti
delle legioni e la celerità delle comunicazioni fra Roma e il resto dell'impero. Una volta
assicurata la pace, le strade diventavano strumento di traffici e di relazioni fra città e
popoli e attraverso il sistema viario si svilupparono le reciproche influenze culturali ed
economiche tra Roma e le più lontane regioni del bacino del Mediterraneo.
La rete stradale romana risale in larga parte all'età repubblicana. La creazione di quelle che
sarebbero divenute le grandi vie di comunicazione dell'impero fu inizialmente spontanea; si
trattava di semplici sentieri e piste che collegavano i vari centri del Lazio, dell'Etruria e
della Magna Grecia per modesti commerci a carattere locale.
Roma era sorta in corrispondenza di un guado sul Tevere in cui convergevano antichi percorsi,
divenendo nel tempo un importante luogo d'incontro e centro di scambi commerciali[4], ragione
per cui nel territorio circostante la costruzione di vere e proprie strade ebbe inizio assai
presto, facilitata anche dalle caratteristiche fisiche della regione, che con le grandi valli
che convergevano verso la città (Tevere, Aniene e Sacco-Liri) e le zone collinari e pianeggianti
che la circondavano non opponevano grandi ostacoli alle comunicazioni terrestri. Queste prime
strade seguivano i percorsi di piste e di sentieri preesistenti e collegavano Roma con le città
vicine.
Tito Livio cita alcune delle strade più prossime a Roma e alcuni dei loro miliari in periodi ben
anteriori alla costruzione della via Appia. A meno che queste menzioni non fossero
anacronismi, le strade citate in quei tempi erano probabilmente qualcosa di più di semplici
percorsi in terra battuta. Così, la via Gabina è citata da Livio nei fatti relativi al 500
a.C., ai tempi del re etrusco Porsenna; la via Latina attorno al 490 a.C., ai tempi di
Coriolano; la via Nomentana (nota anche come Via Ficulensis) è citata nei fatti del 449 a.C.; la
via Labicana nel 421 a.C.; la via Salaria nel 361 a.C.
Le prime regole per la costruzione e l’utilizzo delle strade vennero emanate fin dai tempi più
antichi del periodo repubblicano. Le leggi delle Dodici tavole, datate attorno al 450 a.C.,
specificavano le caratteristiche dimensionali delle strade, stabilendo che la larghezza non
fosse inferiore a otto piedi (2,1 m) nei tratti rettilinei e di sedici (4,2 m) nelle curve
e per la prima volta indicavano diritti e limitazioni per il loro utilizzo.
A partire dal IV secolo a.C. quando Roma iniziò ad espandersi, di pari passo la conquista della
penisola venne avviata la costruzione di nuove strade, con scopi principalmente militari, come
supporto alla progressiva annessione di nuovi territori, per rafforzare i nuovi confini
raggiunti e preparare ulteriori conquiste, ma anche con funzioni amministrative e
commerciali.
Le principali strade romane in Italia
Con il nome di vie (viae in latino) venivano indicate le strade extraurbane. Il termine deriva
dalla radice indoeuropea *wegh- con il suffisso -ya, che significa "andare", ma che esprime
anche il senso di "trasporto"[9]. La più antica tra le grandi vie di comunicazione, le "viae
publicae" fu la Via Appia, iniziata nel 312 a.C. da Appio Claudio Cieco per aprire la strada
verso la Magna Grecia nel contesto delle guerre sannitiche. Inizialmente la via arrivava fino a
Capua, ma venne in seguito prolungata fino a Brindisi, da dove ci si poteva imbarcare per le
provincie balcaniche.
Le "viae publicae", comunemente chiamate "consolari", collegavano le città più importanti;
queste strade erano percorse dalle legioni romane nei loro trasferimenti e su di esse
viaggiavano i corrieri del servizio postale statale ("cursus publicus"). La decisione di
costruire le "viae publicae" era di competenza del governo centrale ed in particolare in età
repubblicana dei magistrati "cum imperio" (consoli e pretori, proconsoli nelle provincie) e,
dopo il 20 a.C. dell'imperatore stesso.
In molti casi le "viae publicae" prendevano il nome dai magistrati che ne ordinarono la
costruzione, oppure dalla località in cui terminava la strada stessa; ad esempio la via
Ardeatina, che porta da Roma ad Ardea. Nel caso delle strade più antiche, la denominazione era
data dal loro utilizzo prevalente: la via Salaria ad esempio è così chiamata perché vi si
trasportava il sale. Non di tutte le strade è conosciuta la denominazione con cui erano
identificate in epoca romana; in questi casi gli storici utilizzano denominazioni convenzionali,
generalmente con i nomi latini delle città di inizio e fine del percorso (ad esempio la strada
da Milano a Pavia è chiamata "via Mediolanum-Ticinum").
A partire da Augusto, la gestione delle "viae publicae", che avevano una funzione soprattutto
militare prima che commerciale, era affidata a funzionari statali, i curatores viarum, che
avevano il compito di organizzare la manutenzione ordinaria e straordinaria e garantire la
pubblica sicurezza lungo la via di competenza.
Accanto alla rete delle viae publicae esistevano numerose strade di interesse regionale, le viae
vicinalis o viae rusticae, che collegavano gli insediamenti minori ("vici") tra loro o con le
vie principali, la cui manutenzione era a carico delle amministrazioni locali, ed infine le viae
privatae, di interesse locale e manutenute a spese delle comunità o dei singoli cittadini che le
utilizzavano.
Mentre le "viae publicae" erano generalmente lastricate (viae silice statae), le strade
secondarie potevano essere pavimentate o meno, ad esempio con solo uno strato di ghiaia o sassi:
in questo caso venivano chiamate viae glareatae. Dopo le strade secondarie venivano le viae
terrenae, normalmente sterrate.
Le prime vie pavimentate vennero realizzate nell'area urbana di Roma e poi questa tecnica fu
estesa gradualmente a tutte le vie di grande traffico, per garantirne la capacità di resistere
all’usura e al peso dei veicoli, evitando sconnessure e cedimenti.
Nel corso dei secoli il tracciato delle strade ha subito diverse modifiche, con variazioni di
percorso e prolungamenti.
Un proverbio popolare recita che "tutte le strade portano a Roma". Si stima che alla massima
espansione dell'impero i percorsi stradali principali si sviluppassero complessivamente per
53.000 miglia (circa 80.000 km), ripartiti fra 29 strade che si irradiavano da Roma verso
l'Italia e altre che toccavano tutti i territori dell'Impero. dalla Spagna alla Mesopotamia, al
Caucaso, alla Germania e alla Britannia.
I governi romani ordinarono più volte la compilazione di un itinerario maestro, che comprendesse
tutte le strade dell'impero. Giulio Cesare e Marco Antonio commissionarono il primo nel 44 a.C.
a tre geografi greci. Il lavoro richiese 25 anni e produsse la mappa generale delle vie
consolari che fu scolpita nel marmo e collocata nel Foro Romano, da cui i viaggiatori e i
venditori di itinerari potevano liberamente copiare le parti che li interessavano.
Di essa erano poste in commercio copie in pergamena, con sotto-mappe parziali, ognuna con un
particolare itinerario. Quindi, così come accade oggi, il viaggiatore che aveva necessità di
raggiungere l'oriente da Roma acquistava l'itinerario della via Appia, che lo portava a
Brindisi, dove si sarebbe poi imbarcato per la sua destinazione.