Iniziò la sua carriera militare nel 65 a.C., servendo nell'VIII e nella IX Legione, fu trasferito nel 61 a.C. nella X Legione con il grado di centurione. Servì poi sotto Giulio Cesare come primipilo della X legione durante la guerra gallica, fu presente durante la Battaglia di Alesia e durante lo scontro con gli Elvezi. Infine, fu richiamato nella X Legione durante la guerra civile, con il grado di centurione. Morì eroicamente durante la Battaglia di Farsalo il 9 agosto del 48 a.C., lanciandosi per primo contro il fronte pompeiano, dopo essersi battuto coraggiosamente, venne ucciso con un colpo di spada che lo raggiunse direttamento in pieno viso. Lo storico Appiano riporta che, dopo la battaglia, Cesare in persona tributò il caduto con solenni riti funebri, e che fece erigere un altare in suo onore. Verrà ricordato da Giulio Cesare nei suoi Commentarii de bello civili.

Nel 329 a.C., Flavio fu accusato di sedurre le donne sposate dall'edile Gaius Valerius Potitus (console 331 a.C.). Mentre all'inizio era stato dichiarato colpevole, Flavio sosteneva che un uomo innocente fosse stato rovinato al quale Valerio rispose che non gli importava di aver rovinato o meno un uomo innocente o un colpevole, fintanto che Flavio veniva rovinato. A causa di questa osservazione, Flavius ​​vinse il processo. Nel 328 a.C., Flavio fece una distribuzione di carne alla gente in occasione del funerale di sua madre. Il dono della carne gli fece vincere l'elezione di Tribune of the Plebs nel 327, nonostante fosse assente per l'elezione. Il dono della carne non poteva essere solo quello di onorare sua madre, ma anche di mostrare gratitudine al popolo di Roma che lo aveva assolto nel processo in cui era stato accusato di adulterio. Nel 323 a.C., Flavio portò i toscani in giudizio dinanzi al popolo per aver consigliato e assistito il popolo di Velitrae e Privernum nella loro ribellione contro Roma durante la rivolta latina (340-338 a.C.). Secondo Livio e Valerio Massimo, diverse famiglie toscane arrivarono a Roma mal vestite e furono quasi perdonate da tutte le tribù. Una tribù, la Pollia, ha insistito sul fatto che gli uomini fossero picchiati e giustiziati e che le donne e i bambini fossero messi all'asta. Per questo motivo, quando i toscani ottennero la cittadinanza romana, la tribù della Papiria, che dominavano, non eleggerebbe mai un membro della Pollia in carica pubblica. Tuttavia, i toscani erano stati cittadini di Roma dal 338 a.C.

Console cinque volte (233, 228, 215, 214 e 209 a.C.) e fu nominato dittatore nel 221 e nel 217 a.C. Fu censore nel 230 a.C. Il suo agnomen, Cunctator, di solito tradotto come "ritardatore", si riferisce alla strategia che ha impiegato contro le forze di Annibale durante la Seconda Guerra Punica. Di fronte a un comandante eccezionale con un numero superiore, ha perseguito una strategia inedita per colpire le linee di rifornimento del nemico e accettare solo piccoli impegni su terreno favorevole, piuttosto che rischiare il suo intero esercito in uno scontro diretto con lo stesso Annibale. Di conseguenza, è considerato il creatore di molte tattiche utilizzate nella guerriglia.

Arruolato nel 53 a.C. fu subito inviato ad Alesia dove nella battaglia del 52 a.C. si distinse per atti di eroismo, tanto che fu premiato dal Legatus Legionis, Tibullo Augustus Albius con falera dorata.
Confluì nella VIIII Leg ed inviato in Spagna dove fece carriera e divenne Tribuno Consolare (tribuni militum consulari potestate ).

Citato da Giulio Cesare nel suo De bello Gallico, era un centurione della XIII Legione durante la guerra in Gallia. Nel libro 5, cap.44, Cesare lo descrive in perenne competizione con Lucio Voreno per raggiungere per primo la promozione ai gradi più elevati. Entrambi si sono distinti nel 54 a.C., quando i Nervi attaccarono la legione sotto Quinto Cicerone. Successivamente, allo scoppio della guerra civile nel 49 a.C., Pullone fu assegnato alla XXIV Legione, dove convinse molti compagni a passare dalla parte di Pompeo, col quale combatté anche a Farsalo.

Nel 324, durante la seconda guerra contro il suo collega Costantino I, Licinio si trovò in difficoltà di fronte all'avanzata delle truppe nemiche, che gli inflissero una sconfitta nella battaglia di Adrianopoli il 3 luglio; decise allora di nominare il proprio magister officiorum Martiniano nuovo cesare: questa nomina gli permise di avere un collaboratore fidato al comando delle proprie truppe, e al contempo, avendogli garantito il titolo tenuto da Costantino, rimarcò la pretesa infondatezza del potere del proprio avversario. Martiniano fu inviato da Licino a Lampsaco, sui Dardanelli, per attaccare Costantino non appena questi avesse oltrepassato il Bosforo: non sembra che questa azione militare avesse successo, però, perché il 18 settembre Costantino sconfisse definitivamente Licinio nella battaglia di Crisopoli. Licinio e Martiniano furono catturati, ma Costantino risparmiò loro la vita, mandando Martiniano agli arresti domiciliari in Cappadocia. Un anno dopo, l'imperatore cambiò idea e mise a morte entrambi.

Eletto pretore nel 72 a.C., sconfisse un distaccamento di 20.000 uomini per sollevare un'insurrezione di schiavi sotto il comando di Crixo. Il console Lucio Gellio Publicola, sotto cui serviva Arrio, sconfisse Spartaco e Arrio assassinò Crixo. Nel 71 a.C. andò ad amministrare la provincia di Sicilia come propretore, ma morì prima di raggiungerla.