Le mappe stradali
I romani e i viaggiatori antichi in generale non usavano mappe stradali, ma per orientarsi durante un viaggio e valutare i tempi di percorrenza venivano usati gli itineraria, in origine semplici liste di città che si incontravano lungo la strada. Poco dopo apparvero le liste generali, che comprendevano le altre liste. Per dare ordine e maggiori spiegazioni, i romani disegnavano dei diagrammi di linee parallele che mostravano le ramificazioni delle strade, anche se non potevano essere considerati mappe, perché mostravano solo l'andamento e le interconnessioni delle strade, ma non le forme del terreno. Questi diagrammi venivano ricopiati e venduti ai viaggiatori. I migliori avevano dei simboli per le città, per le stazioni di sosta, per i corsi d'acqua e così via.
Dopo il primo itinerario maestro, voluto da Cesare e Marco Antonio, ne vennero realizzati altri.
L'Itinerarium Provinciarum Antonini Augusti (Itinerario antonino) risale all'inizio del III
secolo. Prende il nome dall’imperatore Marco Aurelio Antonino Augusto, più noto come Caracalla.
Fu stampato per la prima volta nel 1521 e riporta un elenco delle stazioni e delle distanze tra
le località poste sulle diverse strade dell'Impero.
Un altro famoso itinerario che ci è pervenuto è la Tabula Peutingeriana, che inizia già ad
assumere la forma di una carta geografica, benché molto primitiva. La Tabula Peutingeriana è un
rotolo formato da 11 pergamene, lungo 6,75 metri e alto 34 centimetri, nel quale sono
rappresentati circa 200.000 chilometri di strade militari Romane, dalla Spagna fino all’India.
La Cosmografia ravennate risale al VII secolo, ma riprende materiale di epoche precedenti.
Nella copia medievale pervenuta a noi manca la parte iniziale, quella che raffigura le terre più
occidentali, cioè gran parte della Penisola Iberica e della Britannia, zone che sicuramente
erano state disegnate in origine, ma che probabilmente erano andate perdute già prima della
riproduzione medievale. Il rotolo doveva essere composto quindi da 12 pergamene e si pensa che
la prima, più sottoposta al logorio del continuo arrotolare e srotolare, si sia consumata
proprio a causa dell’uso protratto nel tempo.
La tabula non voleva essere una carta geografica fisica, ma solo una mappa stradale, con tutte
le informazioni che possono servire ad un viaggiatore. Quindi sono rappresentate le città, i
porti, i centri termali, i templi (sia quelli pagani che quelli cristiani), stazioni di posta
per il cambio dei cavalli e persino le osterie ( Osteria “ad ficum”, “ad sandalum Herculis”…).
Sono invece trascurati tutti quegli elementi geografici che non hanno un interesse diretto:
montagne, mari, fiumi, foreste, deserti, ecc. i quali sono rappresentati solo schematicamente e
solo quando è necessario il loro inserimento nel sistema viario (per esempio un fiume se
attraversato da un ponte).
E’ proprio dallo studio di questi elementi indicativi che si è arrivati alla conclusione che la
mappa sia stata disegnata in tempi diversi. Alla carta originale sicuramente di età romana del
periodo augusteo, nel corso dei secoli, sono stati aggiunti man mano nuovi elementi. Un esempio
è quello dei templi cristiani evidentemente aggiunti in un secondo tempo quando il cristianesimo
cominciò a diffondersi, quindi intorno al III-IV sec. d.C.
Per la necessità di facilitarne la consultazione, e dovendo rappresentare tutto l’Impero nella
sua lunghezza dalle colonne d’Ercole all’ India, fu necessario comprimere il disegno in
un’altezza limitata ( 34 cm, come abbiamo visto) e quindi la rete viaria fu raffigurata
longitudinalmente su una linea orizzontale. Questo comporta una notevole deformazione delle
terre rappresentate, cosa che però nulla toglie all’attendibilità della mappa che è
perfettamente leggibile.
Un’altra caratteristica è che il disegno non è in scala, i segmenti non sono rappresentati con
le giuste proporzioni, ma le effettive distanze sono segnate con l’indicazione delle miglia.
Inoltre ai territori più importanti viene dato più spazio, l’Italia è quello che ne occupa di
più e Roma viene disegnata con particolare evidenza: racchiusa in un cerchio, una specie di
sole, da cui partono a raggera ben 12 vie importanti. Roma caput viarum o, come dice il
proverbio, tutte le strade portano a Roma, ma forse sarebbe meglio dire tutte le strade partono
da Roma.
Talvolta sono stati ritrovati itinerari riportati sugli oggetti più disparati, come le celebri
Coppe di Cadice (detti anche bicchieri di Vicarello), quattro coppe d'argento trovate nel 1852
nei pressi di Vicarello (Bracciano) durante gli scavi per la costruzione di una casa, che
portano incisi i nomi e le distanze delle stazioni fra Cadice e Roma.
L'Itinerarium Burdigalense (Itinerario di Bordeaux), risale al IV secolo e descrive il percorso
da Bordeaux (Burdigala), sulla costa atlantica della Gallia, fino a Gerusalemme, ed è il più
antico itinerario riferibile ad un pellegrinaggio cristiano in Terra santa.
Nel 1507 Konrad Celtes, poeta e umanista tedesco, bibliotecario dell’Imperatore Massimiliano I
trovò (il luogo del ritrovamento è ignoto) una mappa antica, che raffigurava tutte le strade
militari romane. Celtes donò la pergamena a Konrad Peutinger, umanista, studioso dell’
antichità, soprattutto romana, il quale possedeva una delle biblioteche più grandi d’Europa. La
sua famiglia conservò il documento per 200 anni. Nel 1591 ad Anversa ne furono pubblicati due
frammenti e nel 1598 fu pubblicata tutta. In seguito la mappa, conosciuta con il nome di Tabula
Peutingeriana, dal nome del primo proprietario, passò per diverse mani e infine fu acquistata
dal principe Eugenio di Savoia che la donò a Carlo VI d’Austria. Da allora è conservata nella
Biblioteca Nazionale di Vienna.
Dal 1500 in poi la mappa fu pubblicata diverse volte: le stampe più accreditate sono quelle
dell’editore tedesco Konrad Miller del 1888, del 1916 e del1962 , mentre la prima edizione
italiana fu stampata a Jesi nel 1809.
Nel 2003 l’editore Olschki di Firenze riprende, in edizione di lusso, la mappa di Miller del
1888. Si tratta di una riproduzione anastatica, ingrandita e a colori, accompagnata da alcuni
saggi che ripropongono gli studi effettuati sull’opera.